mercoledì 8 aprile 2009

Appunti di neurobiologia emozionale

Si distinguono due tipi di emozionalità, primaria e secondaria. Maggiormente legata, la prima, alle risposte istintive e innate del nostro cervello, addetta all’elaborazione cognitiva degli stati emozionali la seconda. L’emozionalità primaria è essenzialmente equiparabile alle modalità istintive di sopravvivenza e riproduzione della specie, l’emozionalità secondaria corrisponde alla mente razionale. Nei fatti questa dicotomia non è così rigida, anzi i due tipi di emozionalità sono interdipendenti, regolandosi l’uno sulla modificazione neurobiologica dell’altro. Per emozionalità s’intende un insieme di processi biologici che provocano un cambiamento dello stato corporeo (regolazione omeostatica) finalizzato alla sopravvivenza dell’individuo e della specie. Questi processi oltre a provocare fenomeni somatici, sono correlati ai relativi processi psicologici. La percezione cosciente delle modifiche somatopsichiche è il sentimento.

- L’emozionalità primaria è una componente essenziale ai fini della sopravvivenza, poiché ci premette di reagire in tempi brevi e immediati a stimoli improvvisi a cui deve seguire una risposta veloce e il più possibile efficiente. In sostanze non si ha il tempo di elaborare razionalmente la situazione che ci capita dinnanzi e il comportamento è guidato da strutture innate modificate dall’esperienza acquisita nel corso della vita, neanche gli stimoli devono necessariamente essere chiari e distinti, uno stimolo percettivo, anche vago, che si ricolleghi ad esperienze passate che hanno suggerito certi comportamenti è sufficiente ad innescare il circuito neurale dell’emozionalità primaria. Stando così le cose è comprensibile come questo tipo di emozionalità sia utile per gestire tempestivamente le emergenze e reagire prontamente, ad esempio, alle reazioni di paura, attacco e difesa. Per comprendere il sostrato neurale delle emozioni prenderemo come esempio il caso della paura. Un soggetto, a causa di una malattia, perse completamente e l’amigdala con la grave conseguenza di non riuscire più ad esprimere la propria paura e riconoscere quella degli altri anche se conservò la facoltà di essere cosciente d’aver paura. L’amigdala è una struttura nervosa situata nel cuore del sistema limbico ed è connessa con molteplici zone del cervello fra le quali il talamo, l’ippocampo, i lobi frontali, temporali, occipitali e parietali, specialmente con le aree preposte all’associazione degli stimoli uditivi e visivi. Dall’amigdala si diramano due vie principali di comunicazione neurale. Una è l’asse talamo-amigdala-corteccia, l’altra è l’asse talamo-amigdala. Questa ultima è di particolare importanza per la comprensione dei processi dell’emozionalità primaria, poiché indica che un modo di elaborare gli stimoli indipendente dalla corteccia e dal lavoro di cognizione che questa opera. Questa struttura permette all’amigdala di fungere da sistema di allarme per il nostro organismo. Vediamo cosa succede se, ad esempio, udiamo un rumore sospetto: dopo che l’orecchio ha captato le onde acustiche queste sono tradotte in segnali elettrici elaborati dal cervello. Un primo fascio di nervi si dirige dall’orecchio al talamo, da qui partono due fasci, uno più grande diretto alla corteccia temporale. L’altro più piccolo va verso l’amigdala e da questa all’ippocampo. Qui lo stimolo è confrontato con le esperienze precedenti. Contemporaneamente, i due processi lavorano in parallelo, la corteccia uditiva analizza il segnale e invia il risultato alla amigdala. Se il segnale è valutato positivamente la soglia d’allarme rimane bassa e altre strutture cercheranno di focalizzare l’attenzione per comprendere meglio lo stimolo. Se la soglia d’allarme è superata l’amigdala fa scattare l’allarme, con tutte le relative risposte muscolari, cardiocircolatorie e viscerali. Mentre si svolgono questi processi che vanno dallo stato di allarme alle risposta adeguata, avviene la memorizzazione dell’esperienza vissuta e, se necessario, la relativa esperienza emozionale ha la precedenza sulle altre risposte da dare in casi analoghi. Nell’uomo in particolare gli stimoli possono essere evocati per vie simboliche, in questo modo anche l’adattamento socioambientale risulterà essere condizionato dai sistemi neurali che cablano l’emozionalità primaria. In tutti questi tipi di risposta è avvantaggiata la sbrigatività esecutiva a scapito dell’organizzazione e della cura, agisce la visione globale e l’intuito piuttosto che la riflessione e l’analisi dei dettagli.

- L’emozionalità secondaria si ha quando lo stimolo che ha causato lo stato emozionale specifico è tale da non rendere sufficiente una risposta di tipo istintivo, intervengono allora i processi cognitivi della mente razionale, che esamina l’evento secondo relazioni di tipo analitico come causa ed effetto, differentemente dalla mente emozionale che compie associazioni di tipo simbolico. L’emozionalità secondaria elabora risposte di tipo complesso alle esigenze che riguardano le varie strategie di sopravvivenza, soprattutto dove le riposte di tipo istintuale siano in condizione di mettere a rischio la vita perché magari in contrasto con le regole e norme comportamentali che una data società mette in atto. Alla nascita il cervello è dotato di circuiti neurali che forniscono risposte istintive alle esigenze omeostatiche d’adattamento dell’organismo, accompagnata da strutture in grado di memorizzare le esperienze in modo da fornire risposte sempre più adeguate all’adattamento sociale. L’emozionalità secondaria è legata al sentimento che è un sentire l’emozione, prendere coscienza delle modificazioni corporee causate dall’emozione in modo da comprendere il legame tra gli oggetti o eventi o situazioni che hanno dato luogo all’emozione primaria. Attraverso questo tipo di valutazioni siamo in grado di gestire gli eventi al fine di prevederli, valutarli con prudenza e controllarli, questo ci consente una flessibilità adattiva utile alle situazioni complesse nate dalle esigenze sociali e relazionali. I sistemi neurali che intervengono in questo tipo d’emozione sono più complessi rispetto a quelli che regolano l’emozionalità primaria, non riguardano il solo sistema limbico ma comprendono anche la corteccia prefrontale e le aree somatosensive. Schematicamente il processo può essere così descritto: raffigurazione dell’evento e processo valutativo – disposizioni conseguenti a tale processo – feedback al cervello.

  1. Fase (area sensoriale) – l’evento viene raffigurato e confrontato con tutte le immagini simili che si trovano nelle varie aree sensitive a livello delle associazioni (uditive visive tattili ecc.), vengono fatte considerazioni personali su ciò che riguarda l’evento.

  2. Fase (area prefrontale) – la corteccia prefrontale risponde in modo automatico all’immagine sensoriale attraverso lo stato emozionale adeguato e che dipende dall’esperienza personale. L’evento è confrontato con situazioni simili accadute in precedenza e con i relativi stati emozionali associati, in modo tale che è l’esperienza ha plasmare la risposta emozionale che è unica e diversa per ogni individuo.

  3. Fase (sistemi dell’emozionalità primaria) – alla risposta emozionale suggerita dalla corteccia seguono i feedback dell’amigdala e del sistema limbico, che impongono un nuovo equilibrio omeostatico e le conseguenti modificazioni. In questo tipo di risposta si ha: 1) uno stato emozionale a livello somatico – sollecitazione del sistema neurovegetativo con cuore polmoni, attivazione del sistema motorio attraverso la muscolatura scheletrica, attivazione del sistema endocrino che segnala le modificazioni somatiche alle aree somatosensive. 2) attivazione dei processi di memorizzazione degli eventi collegati ai fenomeni emozionali (segnali dal bulbo e dal mesencefalo verso la corteccia).

- Il marcatore somatico è un’ipotesi che riguarda le basi neurobiologiche dei processi sottostanti al ragionamento e alla facoltà di prendere decisioni. Decidere è un attività complessa e impegnativa, fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo, per poter decidere in maniera ottimale è opportuno conoscere la situazione da affrontare, vagliare le possibili soluzioni e le relative azioni coinvolte, prevedere e fronteggiare le conseguenze immediate e mediate delle azione scelta. Si vede come questo metodo implichi un processo di tipo cognitivo incentrato sull’analisi delle possibili soluzioni ai fini della scelta. Ora, si possono fare due ipotesi sulle modalità di esecuzione di queste operazioni, o il processo avviene solo per un’elaborazione di tipo razionale, in questo caso si dovrebbero prendere tutte le possibili soluzioni e valutarle singolarmente secondo il loro vantaggio o svantaggio e le eventuali conseguenze, cosa che porta a processi all’infinito, oppure si può prendere in considerazione il fatto che, nello scegliere le azioni di risposta ad una situazione, intervenga, accanto ai processi logici, l’emozionalità secondaria (ipotesi del marcatore somatico). Il marcatore somatico è un segnale a livello somatico che ha la funzione di focalizzare l’attenzione su un aspetto del problema o su una soluzione considerata, attraverso appunto una modificazione dello stato corporeo. Il marcatore è frutto dell’esperienza e associa determinati fatti ad esiti positivi o negativi, così da potere in futuro inibire o incentivare una azione che può dare risultati simili. Sostanzialmente ci aiuta a velocizzare e ridurre il numero delle opzioni possibili, facilitando tra l’altro la valutazione razionale dell’evento. Il marcatore somatico può agire anche senza la cosciente percezione a livello corporeo, inoltre non ha una funzione decisionale in senso stretto, ma esclusivamente di sostegno nella scelta. Il punto d’avvio dei segnali del marcatore somatico è localizzato nella corteccia prefrontale in quanto, per la sua posizione e funzionalità neurobiologica, risponde meglio a soddisfare le funzioni del marcatore e questo perchè: riceve segnali da tutte le regioni sensitive e somatosensive registrando tutte le modificazioni indotte dallo stato emozionale sia a livello corporeo sia mentale, viene informata sulle operazioni necessarie per mantenere un stato d’equilibrio memorizzando le relative esperienze e selezionando le modalità di adattamento preferenziali, associa gli stati corporei agli eventi che li hanno causati (sentimento) stabilendo delle classificazioni a secondo delle tipologie, può attivare le zone motorie e premotorie e anche il sistema neurovegetativo. L’ipotesi del marcatore somatico sostiene quindi che a specifici stati del corpo che agiscono consapevolmente viene associato uno specifico marcatore, positivo o negativo a secondo di come è stato registrato l’evento, che agisce inibendo o incentivando una certa scelta futura. Il marcatore può anche agire incosciamente inviando un segnale a livello corporeo senza però scatenare lo stato emozionale associato, senza cioè arrivare alla coscienza. In questo senso il marcatore somatico agisce come intuito, in ogni caso esso aiuta e integra le capacità di ragionamento e di logica del pensiero. Bibliografia Damasio Antonio, 1994, L’Errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Adelphi, Milano Deragna Sergio, 2002, Grafologia e neuroscienze. Testo teorico di semiotica grafologica morettiana. CEDIS, Roma Goleman Daniel, 1996, Intelligenza emotiva, Rizzoli Lurija Aleksandr Romanovič, 1984, Neuropsicologia del linguaggio grafico, Messaggero, Padova

Appunti sull'apprenedimento del linguaggio scritto

Occorre differenziare le modalità di apprendimento e sviluppo del linguaggio parlato da quello scritto, poiché intervengo operazioni e sono coinvolte aree del cervello diverse. Il linguaggio parlato è distinto in tre fasi:
  1. prelinguistica - con fenomeni di vagito e balbettio (0-1 anno).
  2. fonologica - in cui cominciano a comparire le singole parole (2 anno).
  3. grammaticale - in cui si instaurano le relazioni sintattiche fra le parole (3-6 anni).
Sostanzialmente l’apprendimento del linguaggio scritto avviene nel bambino per imitazione dell’adulto. Vengono ascoltati attentamente i discorsi, fase che prepara le articolazioni specifiche, successivamente vengono riprodotti i suoni e le parole vengono associate agli oggetti, o alle persone (2 – 3 anni). Successivamente le funzioni associative si sviluppano con maggior celerità, il linguaggio è più sciolto e coerente e, se il bambino è stato molto a contatto con gli adulti, può avere già verso i 6 anni un vocabolario sufficientemente ricco. In tutte queste fasi il bambino rimane all’oscuro delle regole che gli permettono di articolare i suoni e di strutturare frasi dotate di senso. Soltanto lo studio della grammatica gli permetterà di prendere consapevolezza delle regole che sottostanno alla formazione di quel linguaggio che egli stesso già impiega da tempo. Il linguaggio parlato è appreso per esperienza diretta, per necessità di tipo pratico, dal ritrovarsi del bambino in un mondo fatto di adulti che si esprimono attraverso suoni articolati.
Al contrario l’apprendimento del linguaggio scritto è intenzionale e consapevole, è un processo apprenditivo specifico e cosciente. Il bambino deve, infatti, porre attenzione alle parole ed ai suoni che le compongono, ed associare a questi i segni grafici (lettere) corrispondenti, segni che deve riprodurre poi sul foglio. I bambini in età prescolare non riescono facilmente a distinguere le parole che compongono i loro discorsi, sono infatti più attenti all’unità di significato del discorso e quindi agli oggetti a cui questo si rifà. Per padroneggiare il linguaggio scritto si dovrà allora inizialmente spostare l’attenzione del bambino sull’unità del discorso, sulle parole che lo compongono, attraverso l’utilizzo di un metodo ben preciso, volto alla distinta pronuncia delle parole e dei suoni che le compongono.
  • Linguaggio parlato – avviene per il diretto rapportarsi del bambino agli altri, adulti in primis, le leggi fonetiche e linguistiche restano inconsapevoli fino allo studio scolastico.
  • Linguaggio scritto – avviene attraverso azioni coscienti e volontarie che solo col tempo diventano automatiche e inconsapevoli. Inizialmente il linguaggio scritto non è neanche e usato come mezzo di comunicazione, visto la complessità di apprendimento dello stesso, attività che richiede circa 2 anni di tempo per essere sufficientemente interiorizzata.
Il processo grafico è un’attività neurobiologica complessa distinguibile in tre fasi
    1. Analisi della composizione fonetica
    2. Traduzione dei distinti fonemi in schemi grafici visivi (grafemi)
    3. Trasformazione delle immagini in tratti grafici.
1 - il primo momento consiste nell’individuare la sequenza di suoni che compongono una frase. Tale distinzione deve avvenire dalla prima parola percepita all’ultima che compone la sequenza, successivamente le varianti fonetiche ascoltate vengono precisate in precisi suoni (fonemi). L’analisi fonetica della parola (distinzione dei singoli suoni e trasformazione delle varianti fonetiche in precisi fonemi) costituisce ilo primo passo fondamentale del processo grafico. Nelle prime fasi di apprendimento e di sviluppo dell’attività grafica questi processi avvengono in maniera cosciente per poi diventare inconsci e automatici.
2 – i suoni che si ottengono dalla scomposizione delle parole vengono trasformati in schemi grafici visivi. I fonemi, una volta distinti, devono essere tradotti nel segno grafico corrispondente, cioè nella lettera o gruppo di lettere che dovrà essere successivamente trascritta.
3 – nell’ultima fase le immagini grafiche devono essere realizzate nei corrispondenti tratti grafici. Questo processo non rimane invariato, ma riflette i diversi gradi di maturazione raggiunti nelle altre fasi del processo grafico. Dapprima ci soffermerà, infatti, sulla realizzazione dei singoli tratti della lettera, poi sulla lettera intera e in seguito sui gruppi di lettere che compongono le parole, fino ad avere padronanza e scorrevolezza del gesto scrittorio. È comprensibile allora come la scrittura si evolve in schemi cognitivi e motori sempre più complessi, e come essa non sia esclusivamente un processo ideomotorio, poiché non sono soltanto le funzioni visivo-percettive e motorie ad entrare in gioco. Per poter risalire alle varie componenti neurobiologiche che strutturano il processo grafico bisogna studiare il comportamento grafico in quei soggetti affetti da lesioni celebrali. Si è potuto appurare, infatti, che lesioni in differenti aree del cervello causano diverse alterazioni del processo grafico. Il cervello è principalmente diviso in due parti dette emisferi. L’emisfero sinistro è quello dominante e le sue strutture permettono la comprensione semantica del linguaggio parlato e scritto, in particolare il Centro di Broca è determinante nell'esecuzione motoria della parola, mentre l’area di Wernicke svolge un ruolo nell'analisi uditiva della parola e della sua compressione. L’emisfero destro è importante per l’interpretazione emozionale del linguaggio.
Altre importanti regioni del cervello che contribuiscono al processo grafico sono: il lobo occipitale, sede del sistema visivo primario e dell’analisi e sintesi visiva (zone circostanti); il lobo temporale, sede dell’apparato centrale delle percezioni uditive e dell’analisi acustica; il lobo parietale, analizza le sensazioni provenienti dalla superficie cutanea, dai muscoli e dal sistema viscerale; la corteccia anteriore (motoria) dirige l’organizzazione del flusso dei movimenti nel tempo, l’elaborazione e memorizzazione delle attività motorie, nonché il coordinamento di complesse azioni finalizzate. Per attuare qualsiasi processo neurobiologico complesso, fra i quali il linguaggio parlato e scritto, è necessaria la cooperazione simultanea delle diverse aree della corteccia cerebrale.
- Ruolo dell’analisi uditiva (regione temporale). La corteccia situata nella zona temporale è costituita da due settori. I settore: corteccia uditiva primaria in cui convergono le fibre nervose del nervo acustico che fungono da ponte fra la corteccia e l’apparato uditivo. Lesioni in questa zona causano sordità totale. II settore: corteccia uditiva secondaria o associativa, in cui si trovano le cellule associative complesse che coordinano tutto il lavoro della regione uditiva, in particolare la percezione e la distinzione dei suoni del discorso e la possibilità d’analisi dei suoni. Lesioni cerebrali del II settore provocano incapacità di analisi, sintesi e comprensione dei suoni. Ad esempio non si distingueranno suoni foneticamente simili come B e P, D e T, Z e S, questi suoni si trasformano in rumori incomprensibili e provocando così l’incapacità di percepire e riconoscere il senso delle parole e quindi del discorso (afasia sensoriale di Wernicke). È chiaro che anche il processo grafico perderà la sua normale struttura e sarà compromesso. I soggetti perdono infatti la capacità di distinguere i fonemi che compongono le parole e di trasformali nei relativi grafemi quando passano all’atto scrittorio, questo anche quando si era raggiunto, prima della lesione, un buon sviluppo grafomotorio. L’alterazione grafica si distingue per: 1) capacità di copiare anche sufficientemente bene, dando così l’impressione di saper scrivere; 2) possono conservare la capacità di scrivere spontaneamente alcune parole di uso comune come il proprio nome; 3) hanno difficoltà a scrivere sotto dettatura poiché non riescono a distinguere i fonemi simili; 4) impossibilità di eseguire forme libere di scrittura.
- Ruolo della ripetizione ad alta voce, sussurrata, o interna (regione parietale sensoriale). Prassi molto comune nelle prime fasi dell’apprendimento grafico è quella di ripeter ad alta voce le parole che si devono scrivere, prassi che, man mano che ci si esperisce nello scrivere, passa al sussurrare o bisbigliare delle frasi, fino a scomparire o diventare semplice ripetizione interna. Si è anche registrato che l’esecuzione scritta è accompagnata da minimi movimenti della laringe osservabili. Nei casi di palatoschisi si verificano disturbi nella fase dell’apprendimento grafico in relazione alle lettere che vengono pronunciate male. Nei casi di lesioni della regione parietale sensoriale si hanno disturbi della coordinazione dei movimenti fini, le coordinazioni motorie sono imprecise e male organizzate con casi di aprassie afferenti e afasie motorie afferenti e conseguenti disturbi nell’articolazione precisa delle parole. Si perdono sostanzialmente gli schemi cinetici delle articolazioni muscolari che permettono il successivo e rapido susseguirsi dei movimenti. Tali alterazioni si ripercuotono inevitabilmente anche nel processo grafico. Infatti la ripetizione, anche mentale, delle parole è utile alla loro scomposizione fonetica al fine di individuare i grafemi necessari a tradurre perfettamente i suoni ascoltati o pensati. La ripetizione vocale è quindi un processo essenziale e costitutivo della scrittura.
- Ruolo dell’analisi visiva del processo grafico (regione parieto-occipitale). Questa funzione è fondamentale nel trascrivere i grafemi dei rispettivi fonemi. Lesioni della regione temporale e parietale non producono errori spaziali nello scrivere, mentre sono causa di diversi problemi di disposizione e collocazione delle lettere le lesioni della regione occipito-parietale preposta alle associazioni visive. In questi casi infatti non si presentano disturbi legati all’interpretazione fonetica della parola, ne alterazioni del linguaggio, ma si riscontrano diverse difficoltà nella delineazione della lettera. Nelle lesioni occipitali si hanno tutta una serie di affezioni che disturbano operazioni che necessitano di un’organizzazione visiva complessa, non si riconosce la destra dalla sinistra, si pone di traverso ciò che va dritto, ecc., si ha insomma un a perdita dell’orientamento spaziale e delle coordinate. Nella scrittura si riscontrano alterazioni delle disposizioni spaziali specie di quelle che hanno bisogno di una particolare collocazione per essere distinte, b, d, m, n, u, s, z. Il soggetto sa perfettamente quali sono gli elementi che compongono la lettera, ma non riesce a realizzarli per la mancanza di orientamento spaziale, si possono inoltre avere casi di specularità parziale o totale, e, nelle lesioni più gravi, totale alterazione dei grafemi con produzione di una scrittura alienata.
Sintesi del processo grafico (corteccia motoria). I processi sopra descritti, se pur essenziali alla scrittura, non bastano da soli ad attuare concretamente il gesto grafico. Infatti, ad una corretta analisi uditiva e collocazione visiva devono corrispondere tutta una sequenza di movimenti complessi che guidino la mano nello stendere la scrittura, parola dopo parola, sillaba dopo sillaba. L’attività grafica matura consiste in quella che potremmo definire una melodia cinetica complessa. La neurobiologica ha mostrato come esistano nella corteccia particolari sistemi funzionali volti ad integrare le sequenze di eccitazione, coordinare i singoli impulsi in melodie cinetiche. Queste zone si trovano nei lobi frontali e in particolare nella zona premotoria. Lesioni in questa zona non causano paralisi o perdita delle funzioni motorie complesse nel loro insieme, ma inducono all’interruzione del flusso dei movimenti con conseguente perdita della scioltezza motoria, i movimenti appaiono causati da singoli impulsi motori. In questi casi la scrittura perde di fluidità e le lettere sono tracciate singolarmente.
La stabilità e continuità del processo grafico. Le lesioni della corteccia frontale. In questo tipo di lesioni si ha generalmente un deficit dell’attenzione e degli obbiettivi finali. Graficamente si osservano omissioni o ripetizioni di parole scritte in precedenza, non perché è stato compromesso uno dei processi che concorrono all’andamento grafico, ma perché la mente non riesce a tenere l’obbiettivo finale dell’atto scrittorio. Si ha instabilità nell’azione con facile perdita della parola che si deve scrivere.