sabato 2 maggio 2009

Appunti metodologia grafologica

Per poter svolgere correttamente un’analisi è di estrema importanza seguire un metodo che non sia solo ampiamente condiviso ma che possegga anche quel rigore e quella chiarezza necessaria ad ogni procedura di tipo scientifico. Nello svolgere l’attento e paziente lavoro dell’analisi bisogna essere in grado in ogni momento di dare ragione delle affermazioni che si fanno, permettere ad altro interlocutore di verificare ciò che si sta dicendo e permettergli di eseguire gli stessi tipi di accertamenti, bisogna cioè usare degli strumenti alla portata di tutti coloro che hanno le stesse nozioni teoriche utili al loro utilizzo. Per quanto riguarda la grafologia il metodo di Girolamo Moretti ha i requisiti necessari sia alla sua verificabilità sia alla sua trasmissibilità. Innanzi tutto i segni sono sempre ben individuati e misurati secondo la loro presenza quantitativa e qualitativa attraverso una scala di misurazione che va da 1 a 10, avremo allora che un segno è al massimo grado d’intensità quando è sui 10/10, al minimo quando è su 1/10. Ovviamente ogni segno ha a sua volta un metodo di misurazione. Anche il momento dell’analisi è guidato da un metodo ben preciso volto all’integrazione e sintesi ragionata di tutti i segni trovati in una scrittura. Moretti distingue infatti i segni in sostanzialimodificanti e accidentali, e fautoricontrari e indifferenti a secondo dei loro reciproci rapporti d’influenza, specificando pure se un segno manifesta la tendenza della sfera intellettiva piuttosto che di quella comportamentale. Lo scopo e l’essenza del metodo risiedono nello stilare un’analisi il più oggettiva possibile e che non sia pertanto viziata dalle impressioni soggettive del grafologo che può, specialmente agli inizi, provare delle preferenze istintive per alcuni segni piuttosto che per altri.

I momenti dell’analisi grafologica possono essere così distinti: un primo comprendente, l’utente che richiede l’analisi e il materiale sul quale l’analisi è svolta. Il secondo riguarda il processo dell’analisi vera e propria.

L’utente – la richiesta dell’analisi di personalità su base grafologica può provenire da diversi soggetti e per varie motivazioni. Può anche esserci il semplice gusto della curiosità o dell’intrattenimento, in questi casi il grafologo dovrebbe astenersi dallo svolgere l’analisi per non sminuire la professionalità e serietà della stessa. Più frequentemente le richieste possono pervenire da scuole o genitori per conoscere il potenziale dei ragazzi, dalla famiglia per conoscere le dinamiche di relazione fra i componenti, aziende cooperative o società per la selezione o l’avanzamento del personale, psichiatri e psicologi che vogliono disporre di uno strumento in più per le diagnosi dei loro pazienti. Alle richieste generiche di analisi il grafologo dovrebbe sempre cercare di farsi specificare un ambito che il richiedente vuole effettivamente approfondire o conoscere meglio, questo per rendere più completo e sicuro il lavoro del grafologo, il quale deve sempre fornire delle risposte attinenti al tipo di richiesta rivoltagli. È comunque sempre indispensabile conoscere l’età, il sesso, il grado d’istruzione e la professione svolta di chi richiede l’analisi.

Il materiale – condizione fondamentale affinché si possa procedere ad una corretta analisi grafologica è che il campione da analizzare sia scritto con spontaneità, cioè con la scrittura che il soggetto adopera abitualmente. Se è possibile sarebbe utile avere a disposizione un materiale abbastanza ampio ed eterogeneo, confrontando il saggio grafico con scritture predenti e prese in occasioni diverse. Il saggio grafico deve comunque essere il più esteso possibile, almeno 15 – 20 righe, completo di firma e steso su foglio di carta comune, senza righe, formato A4. Fino a qualche tempo fa il tipo di penna indicato per il saggio era il pennino flessibile perché permetteva una facile rilevazione della pressione, oggi il suo uso è praticamente scomparso e il tipo di penna più adatto è sicuramente la comune Biro. Il pennarello, infatti, scivola tropo sulla carta e uniforma i tratti, rendendo difficoltosa la rilevazione dei chiaroscuri, così come la stilografica. Le fotocopie non rappresentano di certo il materiale ottimale su cui svolgere un’analisi a causa della deformazione di alcuni tratti dovuta al tipo di riproduzione, anche se il loro utilizzo in sede didattica è indispensabile. Il grafologo ha inoltre il dovere di astenersi dall’analisi in tutti quei casi in cui il materiale a disposizione non è adatto allo scopo, o eventualmente esprimere tutte le riserve necessarie.

Osservazione – prima di procedere ad individuare i singoli segni grafici è opportuno cogliere globalmente una scrittura, osservarla attentamente e riportare tutti gli elementi colti. Se questa fase è correttamente eseguita può già fornire grosse informazioni sulla natura della scrittura da analizzare e guidare in maniera significativa la rilevazione dei segni, anzi, non dovrebbero esserci elementi di contraddizione fra l’osservazione e l’individuazione dei segni. L’osservazione deve descrivere una scrittura il più obiettivamente possibile cercando di ridurre al massimo le componenti emozionali che posso indirizzare positivamente o negativamente il lavoro del grafologo.

Individuazione e quantificazione dei segni – dopo aver svolto la prima fase, individuando il conteso della scrittura, si passerà alla misurazione dei segni grafologici rinvenuti. In questa fase si verificherà se le considerazioni fatte in sede di osservazione si sono rivelate esatte o s si sono commessi errori. Inoltre, via via che si prende nota dei vari segni, in base ad una compilazione ben precisa, e li si quantifica si otterrà un sintetico profilo della personalità che si andrà poi a descrivere in maniera più dettagliata.

Sintesi del lavoro svolto e analisi grafologica della personalità – una volta che si sono completate le fasi precedenti si passa alla combinazione dei segni che si sono riscontrati tenendo conto di alcune importanti indicazioni riguardo la natura dei segni, il loro rapportarsi al contesto e in particolare se vi sono gruppi di segni che dirigono in una specifica direzione o se esistono gruppi fra loro contrastanti, il loro grado e il loro riferimento ad aspetti intellettivi o comportamentali. Ovviamente questa parte è anche regolata dal tipo di richiesta iniziale, pertanto il linguaggio sarà diverso a secondo dell’utente finale a cui l’analisi è diretta. Prenderemo il caso di un’analisi destinata alla ricerca o collaborazione clinica e che si distingue per essenzialità e chiarezza delle informazioni. Dopo aver riprodotto la scrittura in esame e dato tutte le informazioni utili sul paziente, si procede alla trascrizione della semiotica grafologica (segni e grado). Dopo si daranno brevi informazioni su alcuni aspetti intellettivi e comportamentali:

  • Aspetti intellettivi – progettazione e organizzazione; capacità decisionale e operative; attenzione, memoria e apprendimento; capacità di ragionamento; espressione verbale.

  • Aspetti comportamentali – autonomia; umore; capacità relazionale, adattamento sociale.

mercoledì 8 aprile 2009

Appunti di neurobiologia emozionale

Si distinguono due tipi di emozionalità, primaria e secondaria. Maggiormente legata, la prima, alle risposte istintive e innate del nostro cervello, addetta all’elaborazione cognitiva degli stati emozionali la seconda. L’emozionalità primaria è essenzialmente equiparabile alle modalità istintive di sopravvivenza e riproduzione della specie, l’emozionalità secondaria corrisponde alla mente razionale. Nei fatti questa dicotomia non è così rigida, anzi i due tipi di emozionalità sono interdipendenti, regolandosi l’uno sulla modificazione neurobiologica dell’altro. Per emozionalità s’intende un insieme di processi biologici che provocano un cambiamento dello stato corporeo (regolazione omeostatica) finalizzato alla sopravvivenza dell’individuo e della specie. Questi processi oltre a provocare fenomeni somatici, sono correlati ai relativi processi psicologici. La percezione cosciente delle modifiche somatopsichiche è il sentimento.

- L’emozionalità primaria è una componente essenziale ai fini della sopravvivenza, poiché ci premette di reagire in tempi brevi e immediati a stimoli improvvisi a cui deve seguire una risposta veloce e il più possibile efficiente. In sostanze non si ha il tempo di elaborare razionalmente la situazione che ci capita dinnanzi e il comportamento è guidato da strutture innate modificate dall’esperienza acquisita nel corso della vita, neanche gli stimoli devono necessariamente essere chiari e distinti, uno stimolo percettivo, anche vago, che si ricolleghi ad esperienze passate che hanno suggerito certi comportamenti è sufficiente ad innescare il circuito neurale dell’emozionalità primaria. Stando così le cose è comprensibile come questo tipo di emozionalità sia utile per gestire tempestivamente le emergenze e reagire prontamente, ad esempio, alle reazioni di paura, attacco e difesa. Per comprendere il sostrato neurale delle emozioni prenderemo come esempio il caso della paura. Un soggetto, a causa di una malattia, perse completamente e l’amigdala con la grave conseguenza di non riuscire più ad esprimere la propria paura e riconoscere quella degli altri anche se conservò la facoltà di essere cosciente d’aver paura. L’amigdala è una struttura nervosa situata nel cuore del sistema limbico ed è connessa con molteplici zone del cervello fra le quali il talamo, l’ippocampo, i lobi frontali, temporali, occipitali e parietali, specialmente con le aree preposte all’associazione degli stimoli uditivi e visivi. Dall’amigdala si diramano due vie principali di comunicazione neurale. Una è l’asse talamo-amigdala-corteccia, l’altra è l’asse talamo-amigdala. Questa ultima è di particolare importanza per la comprensione dei processi dell’emozionalità primaria, poiché indica che un modo di elaborare gli stimoli indipendente dalla corteccia e dal lavoro di cognizione che questa opera. Questa struttura permette all’amigdala di fungere da sistema di allarme per il nostro organismo. Vediamo cosa succede se, ad esempio, udiamo un rumore sospetto: dopo che l’orecchio ha captato le onde acustiche queste sono tradotte in segnali elettrici elaborati dal cervello. Un primo fascio di nervi si dirige dall’orecchio al talamo, da qui partono due fasci, uno più grande diretto alla corteccia temporale. L’altro più piccolo va verso l’amigdala e da questa all’ippocampo. Qui lo stimolo è confrontato con le esperienze precedenti. Contemporaneamente, i due processi lavorano in parallelo, la corteccia uditiva analizza il segnale e invia il risultato alla amigdala. Se il segnale è valutato positivamente la soglia d’allarme rimane bassa e altre strutture cercheranno di focalizzare l’attenzione per comprendere meglio lo stimolo. Se la soglia d’allarme è superata l’amigdala fa scattare l’allarme, con tutte le relative risposte muscolari, cardiocircolatorie e viscerali. Mentre si svolgono questi processi che vanno dallo stato di allarme alle risposta adeguata, avviene la memorizzazione dell’esperienza vissuta e, se necessario, la relativa esperienza emozionale ha la precedenza sulle altre risposte da dare in casi analoghi. Nell’uomo in particolare gli stimoli possono essere evocati per vie simboliche, in questo modo anche l’adattamento socioambientale risulterà essere condizionato dai sistemi neurali che cablano l’emozionalità primaria. In tutti questi tipi di risposta è avvantaggiata la sbrigatività esecutiva a scapito dell’organizzazione e della cura, agisce la visione globale e l’intuito piuttosto che la riflessione e l’analisi dei dettagli.

- L’emozionalità secondaria si ha quando lo stimolo che ha causato lo stato emozionale specifico è tale da non rendere sufficiente una risposta di tipo istintivo, intervengono allora i processi cognitivi della mente razionale, che esamina l’evento secondo relazioni di tipo analitico come causa ed effetto, differentemente dalla mente emozionale che compie associazioni di tipo simbolico. L’emozionalità secondaria elabora risposte di tipo complesso alle esigenze che riguardano le varie strategie di sopravvivenza, soprattutto dove le riposte di tipo istintuale siano in condizione di mettere a rischio la vita perché magari in contrasto con le regole e norme comportamentali che una data società mette in atto. Alla nascita il cervello è dotato di circuiti neurali che forniscono risposte istintive alle esigenze omeostatiche d’adattamento dell’organismo, accompagnata da strutture in grado di memorizzare le esperienze in modo da fornire risposte sempre più adeguate all’adattamento sociale. L’emozionalità secondaria è legata al sentimento che è un sentire l’emozione, prendere coscienza delle modificazioni corporee causate dall’emozione in modo da comprendere il legame tra gli oggetti o eventi o situazioni che hanno dato luogo all’emozione primaria. Attraverso questo tipo di valutazioni siamo in grado di gestire gli eventi al fine di prevederli, valutarli con prudenza e controllarli, questo ci consente una flessibilità adattiva utile alle situazioni complesse nate dalle esigenze sociali e relazionali. I sistemi neurali che intervengono in questo tipo d’emozione sono più complessi rispetto a quelli che regolano l’emozionalità primaria, non riguardano il solo sistema limbico ma comprendono anche la corteccia prefrontale e le aree somatosensive. Schematicamente il processo può essere così descritto: raffigurazione dell’evento e processo valutativo – disposizioni conseguenti a tale processo – feedback al cervello.

  1. Fase (area sensoriale) – l’evento viene raffigurato e confrontato con tutte le immagini simili che si trovano nelle varie aree sensitive a livello delle associazioni (uditive visive tattili ecc.), vengono fatte considerazioni personali su ciò che riguarda l’evento.

  2. Fase (area prefrontale) – la corteccia prefrontale risponde in modo automatico all’immagine sensoriale attraverso lo stato emozionale adeguato e che dipende dall’esperienza personale. L’evento è confrontato con situazioni simili accadute in precedenza e con i relativi stati emozionali associati, in modo tale che è l’esperienza ha plasmare la risposta emozionale che è unica e diversa per ogni individuo.

  3. Fase (sistemi dell’emozionalità primaria) – alla risposta emozionale suggerita dalla corteccia seguono i feedback dell’amigdala e del sistema limbico, che impongono un nuovo equilibrio omeostatico e le conseguenti modificazioni. In questo tipo di risposta si ha: 1) uno stato emozionale a livello somatico – sollecitazione del sistema neurovegetativo con cuore polmoni, attivazione del sistema motorio attraverso la muscolatura scheletrica, attivazione del sistema endocrino che segnala le modificazioni somatiche alle aree somatosensive. 2) attivazione dei processi di memorizzazione degli eventi collegati ai fenomeni emozionali (segnali dal bulbo e dal mesencefalo verso la corteccia).

- Il marcatore somatico è un’ipotesi che riguarda le basi neurobiologiche dei processi sottostanti al ragionamento e alla facoltà di prendere decisioni. Decidere è un attività complessa e impegnativa, fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo, per poter decidere in maniera ottimale è opportuno conoscere la situazione da affrontare, vagliare le possibili soluzioni e le relative azioni coinvolte, prevedere e fronteggiare le conseguenze immediate e mediate delle azione scelta. Si vede come questo metodo implichi un processo di tipo cognitivo incentrato sull’analisi delle possibili soluzioni ai fini della scelta. Ora, si possono fare due ipotesi sulle modalità di esecuzione di queste operazioni, o il processo avviene solo per un’elaborazione di tipo razionale, in questo caso si dovrebbero prendere tutte le possibili soluzioni e valutarle singolarmente secondo il loro vantaggio o svantaggio e le eventuali conseguenze, cosa che porta a processi all’infinito, oppure si può prendere in considerazione il fatto che, nello scegliere le azioni di risposta ad una situazione, intervenga, accanto ai processi logici, l’emozionalità secondaria (ipotesi del marcatore somatico). Il marcatore somatico è un segnale a livello somatico che ha la funzione di focalizzare l’attenzione su un aspetto del problema o su una soluzione considerata, attraverso appunto una modificazione dello stato corporeo. Il marcatore è frutto dell’esperienza e associa determinati fatti ad esiti positivi o negativi, così da potere in futuro inibire o incentivare una azione che può dare risultati simili. Sostanzialmente ci aiuta a velocizzare e ridurre il numero delle opzioni possibili, facilitando tra l’altro la valutazione razionale dell’evento. Il marcatore somatico può agire anche senza la cosciente percezione a livello corporeo, inoltre non ha una funzione decisionale in senso stretto, ma esclusivamente di sostegno nella scelta. Il punto d’avvio dei segnali del marcatore somatico è localizzato nella corteccia prefrontale in quanto, per la sua posizione e funzionalità neurobiologica, risponde meglio a soddisfare le funzioni del marcatore e questo perchè: riceve segnali da tutte le regioni sensitive e somatosensive registrando tutte le modificazioni indotte dallo stato emozionale sia a livello corporeo sia mentale, viene informata sulle operazioni necessarie per mantenere un stato d’equilibrio memorizzando le relative esperienze e selezionando le modalità di adattamento preferenziali, associa gli stati corporei agli eventi che li hanno causati (sentimento) stabilendo delle classificazioni a secondo delle tipologie, può attivare le zone motorie e premotorie e anche il sistema neurovegetativo. L’ipotesi del marcatore somatico sostiene quindi che a specifici stati del corpo che agiscono consapevolmente viene associato uno specifico marcatore, positivo o negativo a secondo di come è stato registrato l’evento, che agisce inibendo o incentivando una certa scelta futura. Il marcatore può anche agire incosciamente inviando un segnale a livello corporeo senza però scatenare lo stato emozionale associato, senza cioè arrivare alla coscienza. In questo senso il marcatore somatico agisce come intuito, in ogni caso esso aiuta e integra le capacità di ragionamento e di logica del pensiero. Bibliografia Damasio Antonio, 1994, L’Errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Adelphi, Milano Deragna Sergio, 2002, Grafologia e neuroscienze. Testo teorico di semiotica grafologica morettiana. CEDIS, Roma Goleman Daniel, 1996, Intelligenza emotiva, Rizzoli Lurija Aleksandr Romanovič, 1984, Neuropsicologia del linguaggio grafico, Messaggero, Padova

Appunti sull'apprenedimento del linguaggio scritto

Occorre differenziare le modalità di apprendimento e sviluppo del linguaggio parlato da quello scritto, poiché intervengo operazioni e sono coinvolte aree del cervello diverse. Il linguaggio parlato è distinto in tre fasi:
  1. prelinguistica - con fenomeni di vagito e balbettio (0-1 anno).
  2. fonologica - in cui cominciano a comparire le singole parole (2 anno).
  3. grammaticale - in cui si instaurano le relazioni sintattiche fra le parole (3-6 anni).
Sostanzialmente l’apprendimento del linguaggio scritto avviene nel bambino per imitazione dell’adulto. Vengono ascoltati attentamente i discorsi, fase che prepara le articolazioni specifiche, successivamente vengono riprodotti i suoni e le parole vengono associate agli oggetti, o alle persone (2 – 3 anni). Successivamente le funzioni associative si sviluppano con maggior celerità, il linguaggio è più sciolto e coerente e, se il bambino è stato molto a contatto con gli adulti, può avere già verso i 6 anni un vocabolario sufficientemente ricco. In tutte queste fasi il bambino rimane all’oscuro delle regole che gli permettono di articolare i suoni e di strutturare frasi dotate di senso. Soltanto lo studio della grammatica gli permetterà di prendere consapevolezza delle regole che sottostanno alla formazione di quel linguaggio che egli stesso già impiega da tempo. Il linguaggio parlato è appreso per esperienza diretta, per necessità di tipo pratico, dal ritrovarsi del bambino in un mondo fatto di adulti che si esprimono attraverso suoni articolati.
Al contrario l’apprendimento del linguaggio scritto è intenzionale e consapevole, è un processo apprenditivo specifico e cosciente. Il bambino deve, infatti, porre attenzione alle parole ed ai suoni che le compongono, ed associare a questi i segni grafici (lettere) corrispondenti, segni che deve riprodurre poi sul foglio. I bambini in età prescolare non riescono facilmente a distinguere le parole che compongono i loro discorsi, sono infatti più attenti all’unità di significato del discorso e quindi agli oggetti a cui questo si rifà. Per padroneggiare il linguaggio scritto si dovrà allora inizialmente spostare l’attenzione del bambino sull’unità del discorso, sulle parole che lo compongono, attraverso l’utilizzo di un metodo ben preciso, volto alla distinta pronuncia delle parole e dei suoni che le compongono.
  • Linguaggio parlato – avviene per il diretto rapportarsi del bambino agli altri, adulti in primis, le leggi fonetiche e linguistiche restano inconsapevoli fino allo studio scolastico.
  • Linguaggio scritto – avviene attraverso azioni coscienti e volontarie che solo col tempo diventano automatiche e inconsapevoli. Inizialmente il linguaggio scritto non è neanche e usato come mezzo di comunicazione, visto la complessità di apprendimento dello stesso, attività che richiede circa 2 anni di tempo per essere sufficientemente interiorizzata.
Il processo grafico è un’attività neurobiologica complessa distinguibile in tre fasi
    1. Analisi della composizione fonetica
    2. Traduzione dei distinti fonemi in schemi grafici visivi (grafemi)
    3. Trasformazione delle immagini in tratti grafici.
1 - il primo momento consiste nell’individuare la sequenza di suoni che compongono una frase. Tale distinzione deve avvenire dalla prima parola percepita all’ultima che compone la sequenza, successivamente le varianti fonetiche ascoltate vengono precisate in precisi suoni (fonemi). L’analisi fonetica della parola (distinzione dei singoli suoni e trasformazione delle varianti fonetiche in precisi fonemi) costituisce ilo primo passo fondamentale del processo grafico. Nelle prime fasi di apprendimento e di sviluppo dell’attività grafica questi processi avvengono in maniera cosciente per poi diventare inconsci e automatici.
2 – i suoni che si ottengono dalla scomposizione delle parole vengono trasformati in schemi grafici visivi. I fonemi, una volta distinti, devono essere tradotti nel segno grafico corrispondente, cioè nella lettera o gruppo di lettere che dovrà essere successivamente trascritta.
3 – nell’ultima fase le immagini grafiche devono essere realizzate nei corrispondenti tratti grafici. Questo processo non rimane invariato, ma riflette i diversi gradi di maturazione raggiunti nelle altre fasi del processo grafico. Dapprima ci soffermerà, infatti, sulla realizzazione dei singoli tratti della lettera, poi sulla lettera intera e in seguito sui gruppi di lettere che compongono le parole, fino ad avere padronanza e scorrevolezza del gesto scrittorio. È comprensibile allora come la scrittura si evolve in schemi cognitivi e motori sempre più complessi, e come essa non sia esclusivamente un processo ideomotorio, poiché non sono soltanto le funzioni visivo-percettive e motorie ad entrare in gioco. Per poter risalire alle varie componenti neurobiologiche che strutturano il processo grafico bisogna studiare il comportamento grafico in quei soggetti affetti da lesioni celebrali. Si è potuto appurare, infatti, che lesioni in differenti aree del cervello causano diverse alterazioni del processo grafico. Il cervello è principalmente diviso in due parti dette emisferi. L’emisfero sinistro è quello dominante e le sue strutture permettono la comprensione semantica del linguaggio parlato e scritto, in particolare il Centro di Broca è determinante nell'esecuzione motoria della parola, mentre l’area di Wernicke svolge un ruolo nell'analisi uditiva della parola e della sua compressione. L’emisfero destro è importante per l’interpretazione emozionale del linguaggio.
Altre importanti regioni del cervello che contribuiscono al processo grafico sono: il lobo occipitale, sede del sistema visivo primario e dell’analisi e sintesi visiva (zone circostanti); il lobo temporale, sede dell’apparato centrale delle percezioni uditive e dell’analisi acustica; il lobo parietale, analizza le sensazioni provenienti dalla superficie cutanea, dai muscoli e dal sistema viscerale; la corteccia anteriore (motoria) dirige l’organizzazione del flusso dei movimenti nel tempo, l’elaborazione e memorizzazione delle attività motorie, nonché il coordinamento di complesse azioni finalizzate. Per attuare qualsiasi processo neurobiologico complesso, fra i quali il linguaggio parlato e scritto, è necessaria la cooperazione simultanea delle diverse aree della corteccia cerebrale.
- Ruolo dell’analisi uditiva (regione temporale). La corteccia situata nella zona temporale è costituita da due settori. I settore: corteccia uditiva primaria in cui convergono le fibre nervose del nervo acustico che fungono da ponte fra la corteccia e l’apparato uditivo. Lesioni in questa zona causano sordità totale. II settore: corteccia uditiva secondaria o associativa, in cui si trovano le cellule associative complesse che coordinano tutto il lavoro della regione uditiva, in particolare la percezione e la distinzione dei suoni del discorso e la possibilità d’analisi dei suoni. Lesioni cerebrali del II settore provocano incapacità di analisi, sintesi e comprensione dei suoni. Ad esempio non si distingueranno suoni foneticamente simili come B e P, D e T, Z e S, questi suoni si trasformano in rumori incomprensibili e provocando così l’incapacità di percepire e riconoscere il senso delle parole e quindi del discorso (afasia sensoriale di Wernicke). È chiaro che anche il processo grafico perderà la sua normale struttura e sarà compromesso. I soggetti perdono infatti la capacità di distinguere i fonemi che compongono le parole e di trasformali nei relativi grafemi quando passano all’atto scrittorio, questo anche quando si era raggiunto, prima della lesione, un buon sviluppo grafomotorio. L’alterazione grafica si distingue per: 1) capacità di copiare anche sufficientemente bene, dando così l’impressione di saper scrivere; 2) possono conservare la capacità di scrivere spontaneamente alcune parole di uso comune come il proprio nome; 3) hanno difficoltà a scrivere sotto dettatura poiché non riescono a distinguere i fonemi simili; 4) impossibilità di eseguire forme libere di scrittura.
- Ruolo della ripetizione ad alta voce, sussurrata, o interna (regione parietale sensoriale). Prassi molto comune nelle prime fasi dell’apprendimento grafico è quella di ripeter ad alta voce le parole che si devono scrivere, prassi che, man mano che ci si esperisce nello scrivere, passa al sussurrare o bisbigliare delle frasi, fino a scomparire o diventare semplice ripetizione interna. Si è anche registrato che l’esecuzione scritta è accompagnata da minimi movimenti della laringe osservabili. Nei casi di palatoschisi si verificano disturbi nella fase dell’apprendimento grafico in relazione alle lettere che vengono pronunciate male. Nei casi di lesioni della regione parietale sensoriale si hanno disturbi della coordinazione dei movimenti fini, le coordinazioni motorie sono imprecise e male organizzate con casi di aprassie afferenti e afasie motorie afferenti e conseguenti disturbi nell’articolazione precisa delle parole. Si perdono sostanzialmente gli schemi cinetici delle articolazioni muscolari che permettono il successivo e rapido susseguirsi dei movimenti. Tali alterazioni si ripercuotono inevitabilmente anche nel processo grafico. Infatti la ripetizione, anche mentale, delle parole è utile alla loro scomposizione fonetica al fine di individuare i grafemi necessari a tradurre perfettamente i suoni ascoltati o pensati. La ripetizione vocale è quindi un processo essenziale e costitutivo della scrittura.
- Ruolo dell’analisi visiva del processo grafico (regione parieto-occipitale). Questa funzione è fondamentale nel trascrivere i grafemi dei rispettivi fonemi. Lesioni della regione temporale e parietale non producono errori spaziali nello scrivere, mentre sono causa di diversi problemi di disposizione e collocazione delle lettere le lesioni della regione occipito-parietale preposta alle associazioni visive. In questi casi infatti non si presentano disturbi legati all’interpretazione fonetica della parola, ne alterazioni del linguaggio, ma si riscontrano diverse difficoltà nella delineazione della lettera. Nelle lesioni occipitali si hanno tutta una serie di affezioni che disturbano operazioni che necessitano di un’organizzazione visiva complessa, non si riconosce la destra dalla sinistra, si pone di traverso ciò che va dritto, ecc., si ha insomma un a perdita dell’orientamento spaziale e delle coordinate. Nella scrittura si riscontrano alterazioni delle disposizioni spaziali specie di quelle che hanno bisogno di una particolare collocazione per essere distinte, b, d, m, n, u, s, z. Il soggetto sa perfettamente quali sono gli elementi che compongono la lettera, ma non riesce a realizzarli per la mancanza di orientamento spaziale, si possono inoltre avere casi di specularità parziale o totale, e, nelle lesioni più gravi, totale alterazione dei grafemi con produzione di una scrittura alienata.
Sintesi del processo grafico (corteccia motoria). I processi sopra descritti, se pur essenziali alla scrittura, non bastano da soli ad attuare concretamente il gesto grafico. Infatti, ad una corretta analisi uditiva e collocazione visiva devono corrispondere tutta una sequenza di movimenti complessi che guidino la mano nello stendere la scrittura, parola dopo parola, sillaba dopo sillaba. L’attività grafica matura consiste in quella che potremmo definire una melodia cinetica complessa. La neurobiologica ha mostrato come esistano nella corteccia particolari sistemi funzionali volti ad integrare le sequenze di eccitazione, coordinare i singoli impulsi in melodie cinetiche. Queste zone si trovano nei lobi frontali e in particolare nella zona premotoria. Lesioni in questa zona non causano paralisi o perdita delle funzioni motorie complesse nel loro insieme, ma inducono all’interruzione del flusso dei movimenti con conseguente perdita della scioltezza motoria, i movimenti appaiono causati da singoli impulsi motori. In questi casi la scrittura perde di fluidità e le lettere sono tracciate singolarmente.
La stabilità e continuità del processo grafico. Le lesioni della corteccia frontale. In questo tipo di lesioni si ha generalmente un deficit dell’attenzione e degli obbiettivi finali. Graficamente si osservano omissioni o ripetizioni di parole scritte in precedenza, non perché è stato compromesso uno dei processi che concorrono all’andamento grafico, ma perché la mente non riesce a tenere l’obbiettivo finale dell’atto scrittorio. Si ha instabilità nell’azione con facile perdita della parola che si deve scrivere.

venerdì 27 marzo 2009

Appunti di Storia della Grafologia V

In Italia la Grafologia ha due storici protagonisti, Girolamo Moretti e Marco Marchesan. Del primo diremo in seguito. Marchesan (1899 – 1991), psicologo, ha elaborato una personale interpretazione della grafologia, che egli chiama psicologia della scrittura e che pretende essere molto diversa dalla scienza tradizionale, tesi molto discussa dalle altre scuola, in primis dalla morettiana, dalla quale lo stesso Marchesan ha ampiamente attinto. Psicologo, esperto in ipnosi, fonda nel 1947 l’Istituto di Psicologia della scrittura, oggi Istituto di Indagini Psicologiche, e pubblica Fondamenti e leggi della psicologia della scrittura. In questo e numerosi altri scritti il Marchesan mette appunto un complesso sistema psicologico da cui fa derivare direttamente i significati espressi dai segni grafici a livello simbolico, i segni sono inoltre misurati con estrema scrupolosità a secondo della loro intensità, misurazione espressa in centesimi. Il Marchesan considera fondamentale, nell’influenzare la nostra scrittura, la dimensione inconscia della nostra psiche, la quale agisce come forza difformatrice o come flusso di energia, che personalizza l’atto scrittorio, allentandolo dal modello calligrafico proposto in ambito scolastico, attraverso la gestione degli automatismi. La mano così traccia dei segni che tendono al modello, ma che se discostano per diversi parametri, influenzata dall’influsso dell’inconscio.

Appunti di Storia della Grafologia IV

Nel frattempo in Germania si andava delineando un profilo marcatamente scientifico della grafologia, ad opera soprattutto di medici che tenteranno di rintracciare le connessioni fra scrittura e cervello. Il fisiologo Wilhelm Preyer (1841 - 1897), pioniere della moderna psicologia dello sviluppo, scrisse un libro Per una psicologia della scrittura (Zur Psychologie des Schreibens - 1895) dove il dinamismo grafico era visto come processo morfopsicofisiologico in diretto rapporto col funzionamento della corteccia celebrale, dimostrò come l'attività grafica dipende dal cervello e non dalla mano con una serie di esperimenti in cui i soggetti, scrivendo con parti diverse del corpo (bocca, piede, gomito), riproducevano, dopo un po' di allenamento, le medesime caratteristiche grafiche eseguite normalmente attraverso l'uso della mano. George Mayer, psichiatra, pubblica degli articoli sui Movimenti espressivi fissati graficamente (1898), interessandosi delle variazioni grafiche dovute a diverse patologie. Il grafologo che fu destinato a conseguire maggior successo in Germania fu Ludwig Klages (1872 - 1956), filosofo e psicologo, molto attivo negli ambienti culturali tedeschi di sapore romantico estetizzante, grande estimatore di Friedrich Nietzsche (1844 - 1900). Klages elabora una grafologia molto personale, basata sulla sua concezione metafisica della vita e su i suoi studi sull'espressione. Egli rifonda quella che era la fisiognomica tradizionale facendone una scienza dell'espressione, convinto che l'uomo rivela se stesso in ogni movimento espressivo del corpo, il quale realizza la manifestazione del sentimento in esso espresso (principio di espressione). Fra le modalità espressive, la scrittura riveste un ruolo importante. Nella stesura del gesto grafico egli vede la lotta in seno ad ogni individuo, fra lo Spirito e la Vita, inteso il primo come rigida razionalità che mortifica e inibisce la pienezza della Vita che invece pretende l'autenticità e la spontaneità. Per tale motivo è centrale nella grafologia del Klages la categoria del ritmo, piena espressione della forza vitale ed elemento rivelatore dell’unicità psichica appartenente a ciascun individuo. Egli distingue giustamente la cadenza dal ritmo. La prima è il ripetersi monotono e stereotipato degli elementi e rimanda all’assenza della Vita, alla meccanicità. Il ritmo crea al contrario l’uguaglianza nella disuguaglianza, è espressione del livello di pienezza vitale (Formniveau), è ritmo cosmico. Ora come non è possibile che un uomo produca una scrittura interamente meccanica, così è impossibile produrre una scrittura improntata alla totale spontaneità, lo Spirito diventa un intruso necessario. Il Formniveau è individuato dunque dalla contrapposizione di forma e movimento, dallo scontro fra impulsi psichici e resistenze psichiche agli impulsi stessi. Il pensiero del Klages pur peccando di astrattismo e dei limiti insiti alla concezione filosofica entro cui è inserito, ha grande seguito in Germania e ogni grafologo dopo do lui non potrà prescindere dalle felici intuizioni del filosofo tedesco. Roda Wieser assistente all’Istituto di Criminologia dell’Università di Vienna, allieve del Klages, conduce uno studio su oltre 700 scritture di criminali nel tentativo di rintracciarne i tratti caratteristici, si accorge così che le scritture di chi delinque mancherebbero del Grundrhythmus, ritmo di base, fonte dell’amore universale che connota il tratto grafico con linee morbidi e flessibili. Nei criminali si ha un disadattamento fra esigenze dell’io e ambiente di vita che si traduce in tratti rigidi o eccessivamente molli. Altro studioso di grafologia è Robert Heiss (1903 – 1974) dal 1943 direttore dell'Istituto di Psicologia e Caratterologia dell'Università di Friburgo. Heiss pubblica nel 1943 L’interpretazione della scrittura (Die Deutung der Handschrift) in cui propone una tripartizione del ritmo in ritmo di movimento, di spazio e di forma. Ciascuna componente può essere inoltre analizzata attraverso il grado di maturazione raggiunto: scarsamente sviluppato, intenso, perturbato. Un ritmo di movimento poco sviluppato manifesta debolezza, un ritmo di movimento intenso manifesta scioltezza e spontaneità, un ritmo di movimento perturbato rivela uno stato di agitazione e scarso coordinamento. Per il ritmo di spazio abbiamo rispettivamente ai tre gradi di maturazione una gestione convenzionale, maldestra o disordinata; una struttura personalizzata ed appropriata; un grado di disordine e discordanze accentuato. Per un ritmo di forma poco sviluppato si hanno forme scolastiche, impersonali e monotone; se intenso si avranno forme personali, estrose, agili e sciolte; se perturbato si avrà una tendenza all’esagerazione delle forme, ostentazione degli ornamenti.

Altro importante grafologo tedesco è il neurologo Rudolf Pophal (1893- 1966), docente di grafologia dal 1945 presso la facoltà di Medicina dell’Università di Amburgo, che nel 1949 pubblica Scrittura e cervello. La grafologia alla luce della teoria stratigrafica (Die Handschrift als Gehirnschrift. Die Graphologie im lichte des Schichtgedankens) un’opera fondamentale nel tracciare le basi scientifiche della grafologia. Il Pophal vuole risalire dal gesto grafico alle basi neurologiche che lo permettono e localizzare la zona della corteccia causa della scrittura. Di particolare rilievo sono le sue osservazioni intorno ai gradi di tensione che si generano dall’atto scrittorio. Vengono distinti cinque gradi di tensione, anche se il quarto ne comprende due. Grado I – la tensione è insufficiente, il tracciato tende ad essere molle ed incerto, carenza di inibizione, instabilità. Grado II – tensione leggera, scioltezza dei movimenti con coordinazione, tratto fluido ed elastico, disinibizione opportuna, facilità all’adattamento. Grado III – tensione media, equilibrio fra ragione ed istinto, buona canalizzazione dell’energia, tratto fermo e flessibile, inibizione opportuna. Grado IVa – tensione accentuata, ritmo scandito, tratti ad arcate ed angoli, carenza di flessibilità, disciplina volontaria, inibizione inopportuna. Grado IVb – tensione più forte, andamento rigido e statico, gesto troppo controllato, inibizione eccessiva, eccesso di tensione che porta alla fragilità. Grado V – tensione fortissima, rigidità eccessiva, mancanza di controllo, iperemotività, dissoluzione, inibizione inopportuna. Più in generale Pophal classifica le scritture in base alle modalità partecipative delle diverse zone del cervello, pallido, striato, corteccia e della loro interazione espressa in termini di prevalenza o equilibrio. Si avrà allora una grafia pallidaria (prevalenza del pallido), striaria (prevalenza dello striato), corticale (prevalenza della corteccia).

Una sintesi proficua degli studi del Klages e del Pophal si ha in Diagnostica grafologica. Principi, possibilità e limiti del 1961 (Graphologische Diagnostik. Ihre Grundlagen, Möglichkeiten und Grenzen) di Wilhelm Müller (1899 – 1966) e Alice Enskat (1897), lavoro che nasce da un’esperienza ventennale nel settore e che ha lo scopo di presentare un metodo rigoroso di rilevazione, registrazione e combinazione dei segni grafici, nonché della successiva stesura del profilo di personalità. Sostanzialmente gli autori, dopo aver distinto i segni in semplici e complessi, misurabili oggettivamente e non misurabili oggettivamente, propongono una valutazione che tenga conto per i primi dell’intensità e dell’ampiezza di variabilità con cui si presentano, e per i secondi una annotazione delle caratteristiche principali, verificabili nella scrittura e riducendo le possibilità di valutazioni soggettive. Tutte le annotazioni sono riportate su di una scheda di lavoro sulla quale verrà tracciato un diagramma come risultante dell’unione dei singoli tratti. Su questo schema preparatorio verrà in seguito stesa l’analisi. Il rigore metodologico dell’opera di Müller – Enskat ha reso il loro manuale il più diffuso e adottato nelle scuole di grafologia tedesca.

Va inoltre ricordata Ursula Avé-Lallemant, che si è interessata della grafologia in rapporto ai bambini e agli adolescenti, integrato l’analisi grafologia col test Stelle e d Onde da lei ideato.

Appunti di Storia della Grafologia III

Si è sopra menzionato (vedi appunti di storia della grafologia II) Max Pulver (1889 - 1952), filosofo romanziere e grafologo, il suo è uno dei contributi più importanti nello studio della scienza grafologica, contributo che Pulver esprime nella sua opera più importante Symbolik der Handschrift (La simbologia della scrittura - 1931). Per anni docente di psicologia dell'Istituto di psicologia applicata di Zurigo, amico di Freud e Jung, il Pulver considera la scrittura in base alla sua essenza fenomenologica, al suo essere proiezione, e perciò stesso rappresentazione simbolica, delle istanze intellettive volitive e inconsce del soggetto che pone in essere l'atto grafico, l'uomo scrivendo descrive se stesso, o ancora, scrivere è un atto conscio che rivela l'inconscio, è un disegno di sé, autoritratto. L'analisi della scrittura deve, per il Pulver, tenere in considerazione tre assiomi fondamentali: l'ambivalenza (nella scrittura l'individuo mette in gioco le sue tendenze nella loro reciproca opposizione e compensazione attraverso modalità dinamiche); la qualità esistenziale (il ritmo della scrittura rivela la vita interna dell'individuo, il nucleo della sua personalità); il simbolismo dello spazio grafico. Quest'ultimo è l'aspetto più importante della grafologia pulveriana. Il foglio bianco rappresenta il campo grafico tripartito in tre dimensioni: verticalità, orizzontalità e profondità, data dalla forza impressa nello scrivere. Il campo grafico rappresenta l'ambiente sociale entro cui l'individuo si muove ed esprime le sue pulsioni. I vettori verticale e orizzontale sono definiti in base alle polarità alto - basso, sinistra - destra, a queste polarità vengo attribuiti i riferimenti simbolici corrispettivi: sinistra - passato, origine, egoismo, figura materna; destra - tu, altri, attività, futuro, figura paterna; alto - immaginazione, aspirazione, ideali, spiritualità; basso - istinto, sessualità, materialità, inconscio. La pressione rappresenta le modalità attraverso cui riusciamo ad incidere sugli altri e sull'ambiente. Il Pulver considera l'occupazione di un determinato spazio del campo grafico non come qualcosa di casuale ma dettata da precise disposizioni psicologiche proprie di ogni zona. Stabilisce inoltre le dimensioni fondamentali entro cui avviene il movimento grafico: regolarità, altezza, larghezza, inclinazione, forma e legamento, distribuzione dello spazio, direzione e sviluppo sul rigo, i margini, velocità, assi letterali, pressione, firma.

Appunti di Storia della Grafologia II

Dal 1830 vi è una più sicura e consultabile documentazione, anche perché si moltiplicano e diffondono gli studiosi di grafologia e le opere da loro prodotte. La Societè de Graphologie nasce appunto nel 1830 in Francia, ne fanno parte per lo più uomini di chiesa fra cui l'abate Jean-Hippolyte Michon (1806 - 1881) ritenuto il fondatore della grafologia moderna, è proprio lui, infatti, che conia e diffonde questo termine. Il Michon mette a punto un metodo d’analisi e interpretazione della scrittura su base scientifica, stabilendo cioè dei principi e identificando delle leggi. Egli parte dalla constatazione (già espressa da Hocquart e riconfermata dal Klages) che ogni gesto, atto, dell'uomo esprime i suoi sentimenti e le sue emozioni, quindi la scrittura in quanto attività, contiene in sé tutta l'interiorità della persona che l'ha prodotta. La teoria più importante del Michon è la teoria dei segni fissi secondo la quale ad ogni tratto di personalità corrisponde un segno grafico, in una classificazione di tipo univoca e assoluta. Sostanzialmente la scrittura è vista come un prodotto statico e privo di movimento, che lascia trapelare un solo ben distinto tratto della personalità. Le principali opere del Michon sono Les mystères de l'écriture (1872) e Système de graphologie (1875), nonché l'importante periodico La Graphologie, fondato nel 1871, che avrà grande diffusione e darà un importante contributo alla divulgazione della grafologia. L'impulso positivo dato dall'abate viene raccolto da un buon numero di allievi fra i quali spicca Jules Crépieux - Jamin (1859 - 1940), sicuramente il più noto grafologo del suo tempo. Egli amplia, riordina e meglio chiarisce le intuizioni del Michon non mancando di rilevarne i punti deboli, quale era proprio la teoria dei segni fissi. Il Crépieux ritiene fondamentale, infatti, osservare il complesso dei segni che emergono da una scrittura, annotandone così l'aspetto globale emergente e l'armonia che essa suggerisce fra i suoi elementi costitutivi. Primo lavoro del Crèpieux è il Traité pratique de graphologie del 1885 a cui fanno seguito L'écriture et le caractère che conta ben 16 edizioni e L'ABC de la graphologie ultima opera del 1929. Egli, con tassonomia d'ispirazione aristotelica, suddivide i movimenti grafici in generi specie e modi. I generi grafici sono 7 (forma, dimensione, direzione, velocità, pressione, continuità, ordine) per 175 specie che si possono attuare in modalità diverse. Ad esempio al genere velocità possono appartenere le specie della lentezza, accelerazione, rallentamento, e ognuna di queste può attuarsi con modalità diverse. Questi elementi possono trovarsi fra loro in elevata armonia, avremo allora gli individui superiori, in parziale armonia, avremo gli individui relativamente superiori o in totale assenza di armonia (disarmonia), avremo così gli individui inferiori. Il metodo conduce in questo modo a rintracciare più la classe a cui l'individuo può riferirsi che l'individuo stesso. Inoltre la considerazione dei molteplici elementi da considerare, esplicati in numerosi piccoli gesti, appesantisce il lavoro di analisi e sintesi volto ad individuare l'unità psicologica dello scrivente. Il nome di Crèpieux - Jamin è associato ai momenti più significavi della grafologia del suo tempo, è, infatti, perito di parte nell'Affair Dreyfus, in tale veste contesta il metodo usato dai poco esperti periti dell'esercito e ribalta l'esito dell'indagine che attribuiva a Dreyfus l'autografia della lettera rilevatrice del tradimento di un ufficiale francese. Inoltre si sottopone a diverse prove mirate a valutare la scientificità della grafologia e quindi la sua attendibilità come strumento d'indagine della psiche umana. Gli esperimenti vengono proposti dallo psicologo Alfred Binet (1857 - 1911), ideatore del primo moderno test d'intelligenza, e vogliono stabilire se i grafologi sono in grado di individuare il tipo d'intelligenza dall'esame del gesto grafico. Dopo delle prime verifiche a cui ne seguono presto delle altre, stimolate anche dalle contestazioni metodologiche di Émilé Borel (1871 - 1956) matematico e politico francese, Binet pubblica nella Revue philosophique l'articolo Une expérience cruciale en graphologie (1907) dove espone i risultati comunque positivi raggiunti nel corso delle verifiche, affermando che i segni grafici dell'intelligenza sono incontestabili.

Questi i fatti più in superficie che, indirettamente, ci fanno cogliere l'humus in cui stavano proliferando gli studi sulla grafologia nell'area francese, infatti, medici, psichiatri e psicologi si interessano sempre con maggior entusiasmo allo studio della scrittura, effettuando numerose ricerche che contribuiscono ad ampliare il bagaglio metodologico e scientifico della grafologia. Fra questi si può ricordare Paul Carton (1875 - 1947) medico naturalista francese che riprende la classificazione dei temperamenti ippocratici (bilioso, nervoso, sanguigno, linfatico), da lui utilizzati per meglio comprendere l'animo del paziente al fine d'instaurare con questo un dialogo proficuo all'indagine sintomatologica che non può prescindere, appunto, dalla comprensione psicologica di chi accusa il male. Egli nell'opera Le diagnostic de la mentalité par l'écriture (1930) cerca di stabilire la correlazione fra tipi ippocratici e tratti grafici, inoltre mette appunto un dizionario grafologico che meglio chiarisce il significato dei termini impiegati da Michon e Crépieux-Jamin.

Nel 1948 viene pubblicato il saggio L'âme et l'écriture della psicologa Ania Teillard (1889-1978) la quale compie un’originale sintesi dell'interpretazione grafologica attraverso l'analisi della relazione fra i segni grafici e il loro corrispettivo valore psicologico, relazione che per la Teillard è data dal simbolo, per cui la scrittura è essenzialmente simbolica. Il simbolo, poiché nasce ed esprime un rapporto, ha un valore dinamico rivelatore dei moti e passioni dell'animo umano. La prospettiva della Teillard prende spunto dalla psicologia di Carl Gustav Jung (1875 - 1961) e dalla rivoluzionaria grafologia di Mav Pulver, nonché dalla convinzione che lo studio dei segni grafici deve essere sempre ricondotto alle scoperte psicologiche che via via si compiono. Nella scrittura vengono perciò rintracciate le componenti simboliche che strutturano il tipo di personalità, accostando quindi gli elementi grafici ai tipi psicologi junghiani. Si ha, ad esempio, che l’Estroversione è rappresentata nella scrittura dalla tendenza all’ampiezza in tutte le possibili manifestazioni grafiche (gestione dello spazio, calibro, gesti liberi) mentre l’Introversione porta alla concentrazione e nitidezza del tratto. Inoltre la funzione psichica Pensiero dà un tracciato rimpicciolito e concentrato; il Sentimento è dato da un tracciato che tende ad ingrandirsi, dilatarsi ed a produrre tratti addolciti; la Sensazione lo appesantisce e lo stabilizza; l’Intuizione lo alleggerisce, conferendogli movimento, ritmo e talora instabilità.

Appunti di Storia della Grafologia I

Il termine grafologia è abbastanza recente, risale, infatti, a metà ottocento ed è composto dalle parole greche graphè e lògos, quindi studio della scrittura. Osservazioni sulla diversità della scrittura in relazione alla diversità della persona si trovano comunque fin dall'antichità. Aristotele ad esempio afferma che "così come gli uomini non hanno la stessa voce, così non hanno la stessa scrittura" e Svetonio, qualche secolo più tardi, dirà che dalla scrittura di Augusto si potevano desumere quei tratti che rivelavano il suo carattere e ne descriverà alcune caratteristiche. Dopo questi cenni di protostoria della grafologia, bisogna fare un salto di parecchi secoli per ritrovare qualche notizia più consistente e direttamente riferita all'oggetto del nostro studio e precisamente nel XII secolo. In questi anni Camillo Baldi (1547 - 1634), docente dell'Università di Bologna e laureato in Filosofia e in Medicina, pubblica, nel 1622 a Carpi, un piccolo volume intitolato Trattato come da una lettera missiva si conoscono la natura e le qualità dello scrivente. Negli stessi anni Marco Aurelio Severino (1580 - 1656), lettore di Anatomia e Chirurgia presso lo Studio Reggio di Napoli e medico, scrive senza però pubblicarlo il Vaticinator sive tractatus de divinatione litterali. Nonostante l'esiguità delle informazioni è importante notare e sottolineare che questi studiosi facevano parte del mondo accademico e avevano studiato Medicina. Johann Kaspar Lavater (1741 - 1801), filosofo e teologo svizzero, pubblica nel 1774 i Phisiognomische Fragmente (Frammenti sulla Fisiognomica) dedicando un capitolo alle considerazioni sulla scrittura, considerandola il movimento più complesso e vario che l'uomo possa compiere ed elencando una serie di leggi per la sua interpretazione (Von dem Charakter der Handschriften - Del carattere delle scritture). Dopo il Lavater si occupano di grafologia, ma il termine non esiste ancora, alcuni medici e psicologi fra i quali ricordiamo: J. Moreau de la Sarthe (1771 - 1826), medico francese che traduce nel 1806 l'opera del Lavater (Réflexions sur les caractères tirés de la forme de l'écriture), traduzione che circolerà in America negli ambienti che si interessavano di frenologia e fisiognomica. Edouard Hocquart (1787 - 1870) che scrisse nel 1812 L'art de juger du caractère des hommes sur leur ecrìture in cui l'autore cerca di dare corpo scientifico alla grafologia attraverso l'attenta osservazione del gesto grafico e la ricerca di costanti. Questa fase storica della grafologia è la più difficile da ricostruire a causa della difficoltà nel reperire i testi e ci si basa per lo più su notizie tramandate da altri autori.

sabato 14 febbraio 2009

Grafologia Aziendale

L'uomo giusto al posto giusto. E' questo l'imperativo categorico che un'azienda segue quando si preparare ad assumere qualcuno. Infatti, una scelta errata provoca gravi danni ad un'azienda, poiché corre il rischio di rallentare i tempi di realizzazione, progettazione, ricerca, perdendo così in competizione e concorrenzialità con le aziende che operano nello stesso settore. Inoltre la mette nella difficile situazione di dovere rimediare allo sbaglio, riattivando tutte le procedure di selezione, con ulteriore perdita di tempo e denaro. Appunto per evitare questa situazione si pianifica il reclutamento delle figure professionali sia con attenta individuazione delle esigenze dell'azienda in prospettiva attuale e futura sia da un attento e scrupoloso esame del candidato che spesso viene svolto a partire dal curriculum per poi eventualmente vagliare un giudizio finale sulla base di un colloquio orientato allo scopo di reperire certe qualità. Soprattutto la Psicologia del lavoro ha messo in luce come tale procedura sia poco adatta a soddisfare una ponderata reclutazione del personale, e ha messo in atto tutta una serie di procedure allo scopo di effettuare una selezione quanto mirata alle esigenze delle aziende.

La Grafologia offre un efficace strumento di rilevazione delle potenzialità che un individuo può mettere in atto nelle sfide lavorative, del suo senso di responsabilità, e della sua determinazione a portare avanti quanto intrapreso. Inoltre si presta ad essere uno strumento di facile applicazione che non richiede eccessivo tempo (per l’acquisizione di un buon saggio grafico bastano 15 minuti circa). Ovviamente il profilo grafologico dovrà essere abbinato al curriculum, esito del colloquio, e per posizioni che comportano alti gradi di responsabilità è sempre opportuno integrare con altre metodologie i risultati dell’analisi grafologica.

Grafologia Professionale

Svolgere bene una determinata professione o un particolare incarico lavirativo è attività che richiede un uso oculato di certe competenze, abilità e nozioni, in un'integrazione organica e funzionale, adatta a raggiungere uno scopo. Livelli di complessità crescente presuppongono una gestione sempre più complessa delle proprie risorse con quanto viene offerto dall'ambiente entro il quale si ci trova ad operare. Orientare al lavoro un individuo significa trovare una soluzione ottimale fra le esigenze proprie della persona che cerca o vuole scegliere fra delle professioni e le competenze e capacità che un determinato lavoro richiede. L'analisi grafologica dona all'individuo la consapevolezza della proprie forza, sia in termini di volontà che d'intelligenza, della soddisfazione che può ricevere nel compiere una mansione piuttosto che un'altra. Egli può così compiere una scelta più obbiettiva e presente a se stesso rispetto all'attività da intraprendere. Questo quadro deve poi ovviamente scontrarsi sia con le risorse materiali di cui l'individuo dispone, sia con quello che offre il mercato del lavoro che a sua volta reindirizza e orienta in modo forzato la scelta della persona sul proprio lavoro.

martedì 10 febbraio 2009

Applicazioni

La grafologia è applicata sostanzialmente in due macro settori. Quello della giurisprudenza e quello della psicologia. Nel primo il suo impiego è rivolto all’attività peritale finalizzata all’ausilio del giudice che ne richiede lo svolgimento, o all’ausilio di una delle due parti che nominano un consulente che opera indipendentemente rispetto al perito nominato dal giudice. In questi casi presta il suo metodo all’individuazione dell’autenticità di due o più scritti confrontati fra loro. Il secondo riguarda tutte le attività legate alla psicologia, psicoterapia e psichiatria. Per semplificare si può paragonare l’analisi grafologica ad un test. La differenza metodologica principale fra le due applicazioni consiste che nella grafologia peritale ci si ferma ad individuare la personalità grafica senza interpretarla in chiave psicologica. Nell'applicazione psicologica i settori in cui la grafologia svolge ad oggi un'importante funzione di sostegno e di comprensione dell'individuo sono quello professionale, scolastico e clinico.

sabato 7 febbraio 2009

Definizione

La grafologia è una scienza sperimentale che dall'esame del gesto grafico, rilevato in uno scritto di una persona, fornisce informazioni sulle tendenze intellettive e comportamentali. Della seguente definizione bisogna specificare cosa sia il gesto grafico. Questo si configura per lo più col gesto spontaneo costituente l'atto dello scrivere, dove per spontaneità è qui da intendersi come acquisizione data dall'abitudine. Inoltre la grafologia procede secondo un metodo accessibile e comunicabile a tutti gli interlocutori, nonché in grado di provare ciò che è oggetto delle sue affermazioni. E' capace quindi di motivare la ratio dei suoi principi e delle sue conclusioni, non attraverso assunzioni o principi astratti ma attraverso la dimostrabilità e la possibilità di sperimentare. L'oggetto della grafologia è la relazione fra il risultato materiale del gesto grafico e l'atto psichico associato. I grafologi chiamano quest’oggetto segno grafologico. Come atto psichico intendo più in generale le attività mentali determinanti intelligenza e comportamento, che non rappresentano due modalità separate del nostro essere ma un unicum. La combinazione dei segni grafologici attraverso un metodo ben individuato dà la personalità grafica di un individuo, la personalità grafica è la radiografia della personalità dell'autore dello scritto, pertanto necessita di essere interpretata per ricavarne le informazioni su intelligenza e comportamento.